Conversazione
con Dario Cecchini, Ambasciatore di Panzano Arte
Nella stampa ti hanno spesso chiamato “il macellaio pazzo”. Puoi spiegarci questo soprannome?
Se guardiamo alla storia, ci accorgiamo che in ogni epoca ciò che non rientrava esattamente nella normalità veniva considerato strano. Uno dei tempi più pazzi nella storia mondiale è stato il Rinascimento toscano, ma nonostante questa pazzia, il Rinascimento ha rivelato al mondo la bellezza. Per questo io non credo di essere pazzo, mi considero semplicemente un romantico. È chiaro che il romanticismo non è particolarmente apprezzato di questi tempi, per esempio dalla politica, ed è per questo, secondo me, che siamo sempre in cerca di bellezza. Vogliamo che la bellezza ci salvi.
Qual è il tuo rapporto con Panzano in Chianti?
Questo rapporto è tutto per me! La famiglia Cecchini vive a Panzano da oltre 700 anni, io sono nato in casa, pochi metri oltre la strada dove si trova la macelleria che la mia famiglia gestisce da 250 anni. Il padre di Leonardo da Vinci aveva una casa a Panzano, e quando Leonardo venne nel Chianti, i miei antenati c’erano già! Panzano è il piccolo, grande centro del mio mondo.
Come è nato il progetto Panzano Arte, e come ti vedi nel ruolo di ambasciatore di una manifestazione artistica?
Sono cresciuto con un padre che era un vero appassionato delle arti. Mi portava a visitare la pieve romanica, i musei e le mostre contemporanee. Cercava di insegnarmi la bellezza e questo ha determinato tutta la mia vita, perché dentro di me ho sempre avuto un forte desiderio di bellezza. Credo fermamente che, quando c’è qualcosa che si ama, che si desidera imparare e fare, ma non si è sicuri di come farlo, si debba avere l’umiltà di chiedere aiuto. Avevo il grande desiderio di organizzare una mostra d’arte e ho chiesto aiuto a una cara amica, Mila, le ho chiesto di dami una mano. Sono un appassionato della Divina Commedia e di Dante, che per me è come un dio: Dante si è rivolto a Virgilio per chiedergli aiuto, e Mila è il mio Virgilio personale.
Puoi dirci qualcosa sul tuo incontro con l’artista ospite, Nathalie Decoster?
È stato un incontro davvero appassionante, ricco di emozioni, travolgente. A incontrarsi non sono state le nostre teste ma il cuore e forse anche lo stomaco. Ci siamo piaciuti e ci siamo voluti bene fin da subito. Adoro Nathalie perché vede il mondo attraverso la propria anima, e credo che ci sia un gran bisogno di persone così, che vedono il mondo attraverso la propria anima. L’arte di Nathalie è un cammino verso la salvezza.
I tuoi ristoranti sono delle vere istituzioni in Italia, inoltre la macelleria della tua famiglia festeggia ben 250 anni di attività ininterrotta, di padre in figlio. Come è stato possibile tutto questo?
La mia famiglia, la famiglia Cecchini, è stata sempre qui a Panzano. Inoltre c’è la filosofia che mi ha trasmesso mio padre, quella di cercare di fare del tuo meglio ogni singolo giorno, mettendo la testa, il cuore, l’anima e le mani in quello che fai, cercando sempre di diventare il migliore. Forse un giorno raggiungerò l’obiettivo, quando sarò molto vecchio, ma per il momento sono contento di essere sulla buona strada, di onorare la tradizione familiare.
In che senso ti definisci un “macellaio-poeta”?
La poesia è la voce dell’anima, dobbiamo considerarla sempre una compagna fedele. La poesia è anche un modo delicato e profondo di vivere la vita e i suoi eventi. Io non sono un poeta che scrive, ma un macellaio che porta la poesia con sé, nel suo cuore. Ogni giorno, il mio lavoro mi mette in contatto con la morte, e anche nella morte la poesia è una celebrazione della vita. È molto importante per me portare la poesia con me, nel mio cuore.
Puoi dirci qualcosa di più sulla puntata della serie “Chefs’s Table” che Netflix ti ha dedicato?
È come un affresco della mia vita nel suo insieme e mi ha reso davvero orgoglioso. È stato anche un modo di trasmettere un messaggio sul mio lavoro, il macellaio, e spero che possa aiutare a migliorare l’immagine pubblica della mia professione. Bisogna rispettare gli animali, essere responsabili del loro benessere, cercare di garantirgli una vita felice e rendergli omaggio al momento della morte, onorando il loro sacrificio. Occorre fare tutto il possibile per ringraziarli della carne di cui ci fanno dono, il nutrimento che è origine della vita. È questo il messaggio che spero di aver fatto passare nella trasmissione di Netflix.
Questa è la prima edizione di Panzano Arte. Come pensi che si evolverà questo progetto, nei prossimi anni?
Anzitutto, sono felicissimo per il fatto che si è realizzato!
Un sentito ringraziamento va alla Fondation Caris che non ha esitato a concedere il suo generoso sostegno a una manifestazione ai suoi primi passi, così come alle aziende vinicole Fontodi, Tenuta Casenuove, Renzo Marinai e La Massa e infine a Mila per il suo prezioso aiuto.
Per Panzano Arte immagino una lunga e splendida vita, in collaborazione con Mila. Come scrive Dante nell’ultimo verso della Divina Commedia, è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Mila e io abbiamo cercato di dare il meglio del nostro amore per questo progetto e per Panzano in Chianti, perché crediamo che esporre la bellezza aiuti veramente ad aprire i cuori, è il nostro messaggio per la pace nel mondo e per le persone di buona volontà. Viva Panzano Arte!